Fascicolo sanitario elettronico: pregi e carenze
Il fascicolo sanitario elettronico, spesso chiamato per comodità con l’acronimo Fse, è una risorsa importante per il SSN (sistema sanitario nazionale) e per il cittadino, in quanto è l’asset principale per la raccolta dei dati sui pazienti. Va conosciuto a fondo, sia dai professionisti sanitari sia dai cittadini, al fine di poterlo utilizzare nel modo più corretto ed efficiente.
Federfarma osserva che, con i recenti interventi di semplificazione “non è più necessario il rilascio del consenso del cittadino per attivare il Fse, ma lo stesso viene automaticamente alimentato in modo che l’assistito possa facilmente consultare i propri documenti sociosanitari. Il consenso, invece, è necessario per consentire al personale sanitario che ha in cura l’assistito di accedere al suo personale Fse”.
L’attivazione del fascicolo sanitario elettronico è uno dei servizi oggetto di sperimentazione da parte delle farmacie, nell’ambito del progetto ministeriale I farmacisti saranno chiamati ad attivare il Fse del cittadino e ad acquisire l’eventuale consenso dello stesso alla consultazione da parte degli operatori sanitari. È evidente che i farmacisti, oltre a fornire l’informativa messa a disposizione dalla Regione, avranno il compito di informare il cittadino sul funzionamento del Fse e sulla valenza sanitaria del rilascio del consenso alla consultazione da parte degli operatori sanitari, finalizzata alla ottimizzazione della gestione delle cure e delle terapie del singolo paziente”.
L’emergenza sanitaria da Covid ha messo in luce contemporaneamente sia le opportunità che tale sistema digitale informatico offre, sia le carenze che riguardano il suo concreto utilizzo, non ancora perfettamente efficiente.
Ora il Pnrr, l’atteso Piano nazionale di resistenza e resilienza, offre grandi opportunità per un cambio di rotta, reso possibile grazie ai 7 miliardi di euro stanziati per lo sviluppo di rete e strutture e gli 8,63 miliardi per l’innovazione e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Pertanto si impone così una decisa accelerazione all’impiego degli strumenti web.
Ecco, quindi, l’occasione per superare le storiche fragilità che collocano l’Italia informatica a fanalino di coda e per costruire così una sanità del futuro capace di utilizzare al meglio le soluzioni che l’evoluzione digitale consente.
Il vero problema sta nella necessità d’imporre un cambio di passo non soltanto nei sistemi informatici, ma soprattutto nella mentalità degli operatori. Il nostro sistema sanitario digitale, infatti, è claudicante per due precisi motivi: da una parte per la sua disomogeneità e frammentarietà, dovuta alla mancanza di una piattaforma nazionale e dal fatto che le Regioni seguono ciascuna la propria strada. A tutto ciò vi è da aggiungere le insufficienti competenze digitali dei professionisti sanitari, soprattutto medici di medicina generale e specialisti (i farmacisti sono più “telematici”, perché da anni utilizzano i gestionali per la spedizione del farmaco)
A tutt’ oggi soltanto 4 Regioni risultano al passo con i tempi (Veneto, Toscana, Friuli-Venezia Giulia e Provincia di Trento), altre 4 sono in dirittura d’arrivo (Sardegna, Valle d’Aosta, Lombardia, e Sicilia), altre 2 si trovano a metà del percorso (Emilia-Romagna e Puglia), seguite da Liguria e Piemonte, mentre tutte le altre sono ancora praticamente ai blocchi di partenza.
Questa è, a grandi linee, la fotografia della sanità digitale in Italia, così come ci viene fornita dalla ricerca dell’Osservatorio Innovazione digitale in Sanità della School of management del Politecnico di Milano. I dati proposti evidenziano l’importanza del digitale ai fini di una sanità più efficace e sostenibile, necessaria per superare le carenze del Ssn emerse durante la crisi pandemica.
Nello stesso tempo dall’Osservatorio del Politecnico emerge che ora c’è la volontà di sviluppare sistemi e cultura per superare le frammentazioni e proporre una migliore governance.
Il Pnrr, inoltre, garantirà le risorse per colmare il gap presente in molte Regioni e quindi aprirle all’innovazione e spingerle a promuovere esperienze digitali più virtuose.