Sono passati 184 anni, in effetti pochissimo, da quando Giacomo ha emesso l’ultimo respiro a vico Pero, una strada di Napoli, non troppo ampia o luminosa, intitolata a un albero che adesso non c’è più.
Ma quando Giacomo, vi trascorse gli ultimi due anni, della sua breve vita, dal 1835 al 14 giugno 1837, vico del Pero era circondato da campi e orti e il traffico veicolare non poteva ostruire la regale via che conduceva alla maestosa Reggia di Capodimonte.
Possiamo comunque immaginare via Santa Teresa, tutto il Quartiere Stella, la Sanità, come aree piuttosto affollate anche in quei tempi senza doppie file e semafori, ricche di voci e accadimenti eclatanti e minuti, dolcissimi e asprissimi. Di Giliberti, artista da sempre impegnato, in progetti di alta risonanza civile di impatto visivo, il progetto artista abitante.
Così, sulla facciata malridotta del palazzo, luogo di permanenza, negli ultimi due anni di vita di Giacomo, ieri è stata proiettata la pagina di un manoscritto, dettata per mancanza di forze dal poeta, ormai è ammalato, ad Antonio Ranieri.
Sono state spente, per l’occasione diverse luci stradali, facendo brillare l’oscurità delle sue parole. Il vicolo, all’incrocio tra via Santa Teresa degli Scalzi, Vico Noce e Vico Cimitile, dove Giacomo si spense per idropisia, in una Napoli devastata dal colera, assistito dalla sua piccola corte di affetti: Antonio e Paolina Ranieri ed il cuoco patriota Pasquale Ignarra, verrà riqualificata e proposta, come luogo di interesse culturale e letterario, togliendola dall’oblio è dalla errata idea, che Giacomo sia morto nella residenza Vesuviana.
Qui tra l’altro, nella villa dove compose: Il tramonto della luna e La ginestra, il suo testamento biologico; diverse iniziative per celebrarlo, si svolgeranno fino a settembre, tra cui mostre visite e concerti.
Da Recanati, all’arida schiena dello sterminatore Vesevo, al triangolo urbano di Vico Pero, il suo spirito ancora lo sentiamo. Mai, autore fu più accorato e indimenticato da generazioni di studenti e da chiunque sia riuscito a sentire i suoi “sovrumani silenzi”, riuscendo in questa immensità ad annegare il pensiero è suo.
Durante questo breve testo, non sono riuscita mai a chiamarlo per cognome, poiché nella sua sofferenza, dettata da una sensibilità fuori dal comune…
È unico, e come per Dante è sufficiente solo il suo nome: Giacomo, sempre cara ti fu… Napoli.