La Biblioteca nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli (già Reale biblioteca borbonica) che ha sede presso il palazzo reale, in piazza del Plebiscito. Ha un patrimonio di 1.480.747 volumi a stampa, 319.187 opuscoli e 18.415 manoscritti, che in termini quantitativi la rende la terza tra le biblioteche italiane, dopo le due Nazionali Centrali di Roma e di Firenze.
Dipende dalla Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali del Ministero per i beni e le attività culturali.
La Biblioteca fu istituita alla fine del XVIII secolo, raccogliendo nel Palazzo degli Studi, oggi sede del Museo Archeologico (all’epoca Real Museo Borbonico), le raccolte librarie provenienti dalle biblioteche Farnesiana e Palatina fino a quel momento conservate nella Reggia di Capodimonte.
Al nucleo iniziale si aggiunsero i fondi provenienti dalla biblioteca dei Gesuiti, mentre agli inizi dell’Ottocento furono incorporate le raccolte librarie dei monasteri soppressi della certosa di San Martino, del monastero benedettino dei Santi Severino e Sossio e di San Giovanni a Carbonara.
Fu aperta al pubblico il 13 gennaio 1804 con il nome di “Reale Biblioteca di Napoli”.
Tra le donazioni più importanti del periodo post-unitario va ricordata quella del conte Lucchesi -Palli che nel 1888 destinò alla Nazionale di Napoli la propria biblioteca e l’archivio musicale.
Nel 1907, dopo una lunga controversia giudiziaria, entrarono a far parte delle collezioni numerosi manoscritti autografi di Giacomo Leopardi custoditi dopo la sua morte dall’amico Antonio Ranieri.
La biblioteca contiene, tra l’altro, diversi papiri ritrovati nelle ville di Pompei durante gli scavi.
Solo al termine della prima guerra mondiale, con la concessione del re allo Stato dei suoi palazzi reali, si decise di trasferire la Biblioteca all’interno del Palazzo Reale anche grazie all’intervento di Benedetto Croce, allora Ministro dell’Istruzione Pubblica.
Ad oggi, la biblioteca porta il nome di Vittorio Emanuele III, ma l’attuale ministro Sangiuliano ha approvato la richiesta di intitolarla a Benedetto Croce.
Il sovrano Vittorio Emanuele III fu colui il quale promulgo’ le leggi razziali fasciste favorendo la deportazione degli ebrei napoletani ed italiani verso i campi di concentramento tedeschi.
Dunque una macchia così grande non può certo più essere ignorata. Nel mese che ricorda la Shoa, non si poteva prendere decisione più nobile e bella, anche perché da sempre i libri sono l’espressione e la strada più vera ed in discesa, per la libertà dell’individuo.
La cultura ed il sapere rendono liberi i popoli, l’essere umano. Lo studio e l’approfondimento modificano le facoltà del pensiero degli uomini.