La Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli ha acquisito una lettera, a carattere privato, scritta da Giacomo Leopardi il 29 agosto 1823 al cugino, il marchese Giuseppe Melchiorri, residente a Roma.
Il testo autografato dal poeta rientra nelle collezioni napoletane, il fondo leopardiano della Biblioteca nazionale di Napoli che custodisce gran parte delle corrispondenze e dell’opera originale del poeta.
Una volta accertata la paternità il ministero della Cultura ha esercitato il diritto di prelazione, facendo sì che la missiva non venisse venduta ai privati.
La lettera è stata acquistata ripiegata e imbraghettata nel primo volume dell’Epistolario del poeta, edito da Le Monnier, Firenze, del 1883, edizione in cui la lettera non risulta.
Da parte della Biblioteca Nazionale di Napoli è in atto un costante lavoro di ricognizione dell’opera leopardiana.
Dichiara così la direttrice della Biblioteca, Maria Iannotti.
VERAMENTE LE AMICIZIE O NON SI DOVREBBERO MAI STRINGERE,
O STRETTE CHE FOSSERO NON SI DOVREBBERO MAI ROMPERE
Il poeta e il cugino Giuseppe Melchiorri sono quasi coetanei e condividono l’amore per gli studi filologici.
Tra di loro vi è un rapporto affettuoso alimentato dai diversi soggiorni romani del poeta di Recanati.
La Biblioteca nazionale di Napoli possiede la quasi totalità delle sue opere ordinate e catalogate, raccolte dal amico fraterno Antonio Ranieri.
Giacomo scelse Napoli, dove la natura contro la quale si articola il suo pensiero, è potente, selvaggia ed esplicita.
Il Vesuvio, il mare , il tufo , le isole del golfo, e gli scavi di Pompei rendono questo angolo di mondo, ricolmo di quella struggente bellezza, adatta alla sua anima tormentata e sola.
La lettera al caro cugino parla di amicizia, di quel unico sentimento consolatorio che secondo lui è in grado di alleviare il terribile destino di ogni essere vivente
.Giacomo il più amato dagli studenti, rimane nel cuore….sempre per la sua ribellione silenziosa e ma travolgente nella passione del suo spirito di pienamente romantico.