“Ognuno ll’adda fà chesta crianza”, è la famosa frase della Llivella di Totò. Onorare e andare a trovare i defunti, in questi giorni è consueta abitudine dei napoletani, in occasione del 1 e 2 novembre. Il cimitero in questi giorni si riempie di fiori, luci, ricordi di rumore di passi, sospiri e stati d’animo universali. La morte, i defunti fanno parte della vita di chi vive o ha vissuto.
Il cimitero monumentale di Poggioreale è il principale cimitero della città di Napoli e tra i maggiori in Europa.
E’ quello che si estende nel quadrilatero delimitato (in senso antiorario) a nord-ovest da largo Santa Maria del Pianto (l’antica piazza Doganella) e via del Riposo, a est da via Santa Maria del Pianto (un tratto interno della quale costeggia due cimiteri) e a sud da via nuova Poggioreale, ma vista l’abbondanza di cimiteri attigui a quello di Poggioreale, tale definizione è stata allargata all’intera zona, creando una vera e propria conurbazione cimiteriale, che ricade nei quartieri di Poggioreale, Secondigliano e San Carlo all’Arena.
Indubbiamente il complesso più noto dell’intera area è il cimitero monumentale, il nucleo originario del cimitero, di grande valore storico e culturale per la preziosità delle sue tombe e delle sue statue, nonché per il gran numero di cappelle e chiese contenute al suo interno e per il Quadrato degli uomini illustri, Via Nuova Poggioreale.
In realtà, da sempre nei secoli la città è stata la quarta o terza città europea (a seconda si includa o meno Costantinopoli fra le metropoli europee) e di conseguenza naturalmente attenta e più vicina a quel che avveniva fuori della Penisola.
Con l’editto di Saint Cloud si cercò di ottemperare alla legge che vietava la sepoltura nelle cappelle gentilizie poste nelle chiese, bisognava infatti secondo l’editto napoleonico, per una questione igienico-sanitaria, porre i cimiteri al di fuori delle Mura cittadine.
Infatti, come riferisce Luigi Latini in Cimiteri e Giardini, nel caso del Monumentale si tratta di una versione mediterranea del cimitero di Père-Lachaise di Parigi del quale riprende i criteri di adattamento a un’area collinare.
Quest’ultimo secondo il parere di chi scrive tra i più belli e poetici che si possano vedere.
Già in fase di progettazione si individuò sul confine sud-occidentale un settore destinato alla sepoltura delle personalità eminenti (secondo quanto espressamente previsto dalle Leggi in materia del Regno delle Due Sicilie) su una superficie di 2 moggi napoletani (circa 5.300 metri quadri).
L’area comprende 157 monumenti suddivisi in 7 isole (o aiuole). Infatti non esiste un famedio che accolga le personalità ma sepolture singole. Pur nella notevole eterogeneità di stili e dimensioni, l’insieme è di grande suggestione. Fra le personalità di spicco qui sepolte figurano: Bovio, Tito Angelini, Gemito, Bracco, Benedetto Cairoli, Cacciopoli, Cammarano, Croce, Roberto Murolo, Leone, Luisa Conte, Salvatore di Giacomo, Tina Pica, Filippo Palizzi, Mercadante, Ferdinando Russo, il giornalista Giancarlo Siani, Raffaele Viviani e Matilde Serao.
Ognuno di noi, fa la sua creanza dunque e si reca da quella persona che manca, che non c’è più, su questo pianeta ma i cui pensieri, parole e modus vivendi sono ancora fulgidi nel ricordo di chi ancora possiede un cuore, nel petto che batte.
Secondo i greci la vita era solo terrena, secondo i cristiani invece ce n’è un’altra e la morte è solo un passaggio.
Chissà qual è la verità? Chissà cos’è la morte? Chissà perché siamo destinati a morire?
È l’unica cosa alla quale ci si rassegna con grande fatica, non vi è soluzione ed è il comun denominatore di tutta l’umanità.
Dal silenzio dei cimiteri dunque, prendiamo la forza di fare un bel respiro, passeggiando tra i fiori gridiamo dentro di noi la gioia di essere vivi e confidiamo, ogni giorno con fiducia nel domani che è la connotazione più importante della nostra specie: la speranza.