Nella sera di Natale, dalle 21.25, Alberto Angela ha portato il pubblico alla scoperta dei vicoli della città, alla scoperta di Castel dell’Ovo, Piazza del Plebiscito, il Palazzo Reale, il Teatro San Carlo, la Certosa di San Martino.
E poi ancora San Gennaro e il suo tesoro, il Cristo Velato, il monastero di Santa Chiara, i presepi di via San Gregorio Armeno. Comunque Napoli non è una terra di aborigeni.
Ormai anche il pubblico medio o più lontano ne conosce i suoi luoghi (stra)noti.
Merita una telecamera su altre storie che aspettano pari gloria.
È un attimo, un attimo una delle città più visitate d’Europa, con un patrimonio che merita un vocabolario più elevato e variegato dei tre soliti aggettivi.
E bisogna stare attenti, cari divulgatori: perché Napoli lascia liberi di parlare di sé, ma vuole essere sempre lei, la protagonista della scena.
È che Napoli si concede, è troppo buona, ma in realtà non ha bisogno di nessuno per essere raccontata, tale è la propria capacità di auto-narrarsi.
È lei che ci fa un favore, non viceversa.
Basta pizza & mandolino, perché è una delle città dall’impasto più complesso del solito acqua, farina e sale.
Alberto Angela ha iniziato la serata parlando in modo appropriato della luce.
Le ombre di Napoli sono ovunque ben visibili a tutto il mondo, descritte da moltissimi programmi e raccontate da serie TV e film; sono così ormai ovvie facili e scontate da illustrare.
Sono presenti ieri, l’altro ieri come oggi. E c’è chi vive nell’ombra e se ne ciba, e senza alcuna vergogna, lede il partenopeo orgoglio.
Le riprese con il drone, più di una volta hanno fatto alzare lo sguardo, su di un Golfo che è un sogno, un abbraccio dolce e materno.
Teniamo dunque lo sguardo alto sempre.