PROMUOVIAMO IL 900

Al teatro Augusteo Geppy Gleijeses con “Uomo e Galantuomo” offre nuova linfa vitale a Eduardo.

Si, uno spettacolo piacevole e riuscitissimo. Leggero, colorato, fruibile e divertente.

Ha regalato uno splendido venerdì sera ad una platea entusiasta che nonostante la pioggia ha raggiunto l’Augusteo per la prima di questo spettacolo.

Uomo e galantuomo è una commedia in tre atti scritta da Eduardo De Filippo nel 1922 e inserita dall’autore nel gruppo di opere da lui chiamato Cantata dei giorni pari.

La commedia offre allo spettatore una serie di episodi irresistibilmente comici.

Uno in particolare, quello della prova della compagnia, potrebbe di per sé costituire l’oggetto di una farsa.

La prova si svolge nell’atrio dell’albergo ed inizia con Gennaro che emette un lamentoso e terribile gnaulio accompagnato da una smorfia che gli stravolge il viso e dal movimento di un braccio che si agita nell’aria.

Gli attori si precipitano a soccorrerlo, convinti che sia stato colpito da un malore, ma scoprono che invece, da vero artista, Gennaro stava imitando l’apertura della porta cigolante del “basso” in cui si svolge il dramma.

Sempre durante la prova della scena madre del drammone, che Eduardo ha allungato nel corso degli anni, aggiungendovi numerosi nuovi spunti, scena provata in quasi mezz’ora reale per meno di cinque minuti di recita, ricorrono numerosi litigi tra capocomico e suggeritore, tra cui la ripetizione della battuta iniziale “Nzerra chella porta” (“chiudi quella porta”).

Un’altra scena indimenticabile è quella dell’ustionato Gennaro in casa Tolentano che assistito dai presenti si accascia su una sedia da cui però dovrà alzarsi per andare nel laboratorio del dottore che lo medicherà.

Il problema è che Gennaro ha salvato dall’acqua bollente solo la punta di un piede e il tallone dell’altro: quindi per alzarsi e camminare dovrà ben calcolare come muoversi: e così fa… ma non appena alzato emette un urlo di dolore sovrumano poiché ha sbagliato ad appoggiare in terra la punta e il tallone.

Ma sopra tutte, a testimoniare la loquacità spesso interessata di Gennaro, c’è il suo modo di raccontare le cose prendendole alla lunga e iniziando a raccontare del suo mestiere sempre dalla stessa frase iniziale “Io tengo ‘na buatta” (“ho una scatola di latta”).

Il protagonista ha interpretato dall’attore Geppy Gleijeses, a fine rappresentazione, a posto l’attenzione su come il teatro di inizio Novecento, che annovera nomi quali Pirandello, Eduardo, Moravia, debba essere assolutamente preservato, divulgato, consegnato alle nuove generazioni, che purtroppo spesso non sanno nulla riguardo questi autori, non conoscono i capolavori scritti, e si perdono le radici del futuro che vivono.

Capolavori che non devono essere consegnati all’oblio, ma egli asseriva, devono essere rappresentati nella loro autenticità, che già da sola mette in chiaro le caratteristiche di un passato fondamentale, per capire lo sviluppo delle dinamiche di oggi.

La scuola da sola non basta, ma sarebbe importante che tale divulgazione fosse esercitata in modo continuo ed efficace.

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Di Valeria Garofalo

Laureata in Conservazione dei Beni Culturali innamorata dell'incanto che questa città sprigiona, capace di emozionarsi ovunque la scia di una melodia sia in grado di portarmi. ...questa sono io

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